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Luigi Schiavone

..:: INTERVISTA A SYRINX (n.69) ::..

 

Luigi Schiavone vive e lavora immerso

nel verde della campagna Irpina,

dove si dedica con passione alla

riparazione dei flauti e alla costruzione di testate

caratterizzate dal suono grave e corposo.

 

LUIGI SCHIAVONE
________________________________di Susanna Persichilli

Lei nasce come flautista?
Si; ho studiato con Vasco Degli Innocenti al Conservatorio “D. Cimarosa” di Avellino, diplomandomi nel 1992. È stato proprio Degli Innocenti che, vedendo le mie capacità manuali, mi ha indirizzato verso questo lavoro. Nel 1990 mi fece cambiare strumento e passare da uno “Yamaha 311’ (sul quale mettevo già le mani) a un “Heinz” artigianale. Era il periodo di Pasqua e dovevo registrare lo strumento, cosi andammo insieme a Firenze dagli Onerati. Parlando con Degli Innocenti gli dissi che, vedendo questo tipo di lavoro, ne ero ri­masto motto colpito. L’episodio però finì quando Degli Innocenti tornò a Firenze parlò di me con gli Onerati; dopo poco tempo andai a Firenze dove incontrai Alessandro Onerati.

Quanto tempo ha collaborato con gli Onerati?
Per sei/sette anni ho trascorso a Firenze lunghi periodi di tempo nel laboratorio degli Onerati, durante i quasi ho lavorato e imparato tantissimo. La prima volta che sono stato nel laboratorio mi hanno messo a disposizione tutto il materiale di cui avevo bisogno e mi hanno dato un flauto dicendomi che dovevo farlo chiudere: non e venuto alla perfezione ma ci sono riuscito. Da allora sono andato avanti in questo lavoro.

Come mai non e rimasto a Firenze?
Mi sarebbe piaciuto motto rimanere a Firenze. Non era facile per me, però, trasferirmi e cambiare dna. Comunque ho im­parato anche viaggiando e ora, qui ad Avellino, copro la zona da Roma in giu.

Una passione?
Assolutamente si. Lo sento come un hobby, soprattutto quando costruisco le restate. Appena ho un momento libero mi dedico a questo.

Lei vive in una zona immersa nel verde, lontana dalle grandi città; non ha mai pensato di trasferirsi in un luogo più raggiungibile?
Mi piace molto stare qui, anche se so di essere un pò fuori dal mondo. Tutti mi dicono che è un posto lontano, con i mezzi pubblici è quasi impossibile rag­giungermi. Mi sono posto spesso questo problema. La maggior parte delle persone che vengono qui da me arrivano da fuori; però, visto che vengono lo stesso... io preferisco rimanere qui.

Per un’esigenza di concentrazione e silenzio...
Sicuramente. Ci vuole una grande pazienza, infinita, per questo lavoro. Non potrei mai stare in mezzo alla confusione. Poi sono molto legato a questa terra, dove sono nato.

Terra dal vino strepitoso...!
Eh, si, l’Aglianico prodotto in Irpinia acquista sempre maggiore considerazione, ponendosi tra i migliori vini prodotti in Italia.

Che rapporto c’e tra il saper suonare e la riparazione dello strumento?
Sicuramente essere flautista e poter suonare lo strumento aiuta moltissimo. Il lavoro si può fare anche solo guardando e controllando; si riesce a capire bene lo stesso i problemi che potrebbe avere uno strumento. Poi però c’e la curiosità di suonarlo e di provarlo; e cosi si ha la conferma di quello che ha constatato.

Quando e come suona?
Non studio più sei-sette ore al giorno, come quando ero in conservatorio; insegnando flauto traverso nella scuola secondaria di primo grado a indirizzo musicale suono e studio sempre, anche se ovviamente non potrei fare il concertista. Insegno solo da quattro anni. Dal 1990 al 2002 mi sono dedicato esclusivamente alla riparazione. L’insegnamento ha ridotto il tempo che dedicavo alla riparazione dei flauti, anche se spesso poi sono costretto a lavorare la sera o il fine settimana. Quando devo consegnare uno strumento con urgenza faccio le ore piccole.

Quali sono, secondo lei, i requisiti per riparare un flauto?
Prima di tutto una buona manualità, passione e tanta pazienza; poi una buo­na conoscenza tecnica della meccanica di precisione. Questo è un punto importante, perché non ci si può improvvisare riparatori o costruttori; la passione da sola non Basta. È importante anche saper utilizzare alcune macchine utensili.

Dove le ha studiate?
Per conto mio, sui libri di meccanica. Alcune conoscenze sono fondamentali per l’uso di alcune macchine come il tornio o la fresa, che uso giornalmente.

In Italia i costruttori sono pochi, per quale motivo? È difficile unire musica e meccanica?

Innanzitutto in Italia non c’e mai stata una tradizione consolidata riguardo ai costruttori, ma solo qualche singolo artigiano che non e riuscito a “industrializzarsi”. Uno dei motivi è sicuramente la concorrenza straniera, in passato da parte di Inghilterra, Francia e Germania, oggi soprattutto da parte di Giappone e Stati Uniti. In Italia non si riuscirebbe a produrre dei flauti della stessa qualità con gli stessi costi. In ogni caso, si tratta di un mestiere difficile da portare avanti. Molti musicisti cercano di riparare i loro strumenti mettendoci le mani senza conoscere bene quello che stanno facendo, producendo più danni che benefici. Sicuramente la musica deve molto alla meccanica: mi racconta qualche maestro ultrasettantenne, mio cliente da tempo, che non c’e proprio paragone tra un flauto di oggi ed uno di cinquant’anni fa. Anche un flauto “da studio” attuale è superiore ad un flauto professionale di allora, cosa che posso confermare anch’io, avendo restaurato flauti d’epoca.

E l’idea di costituire un albo professionale?
Si, sarebbe un’ottima idea. Però mancando ancora una scuola con questo indirizzo tecnico penso che la cosa non sia possibile. In Svizzera, per esempio, c’e una scuola per riparatori e costruttori, così come in Italia c’e la scuola di liuteria. Mi hanno anche proposto di insegnare a un corso per giovani riparatori organizzato dalla Provincia che poi non si è tenuto.

Sarebbe interessante capire questa enorme differenza tra la liuteria e il mondo degli strumenti a fiato che sembra veramente troppo lontano...
Si, non c’e neanche un nome per noi che portiamo avanti questo lavoro: riparatori... costruttori... Non esiste il liutaio dei flauti, io stesso non so come definirmi. Sicuramente loro hanno secoli di quasi invariate tradizioni alle spalle raggiungendo l’apice con Stradivari, Amati e Guarnieri. Queste conoscenze venivano trasmesse in bottega da maestro ad apprendista, passando poi a una vera e propria scuola. Invece per gli strumenti a fiato si devono considerare due periodi, prima e dopo Boehm, che con il suo nuovo sisterna ha rivoluzionato il flauto sia per quanto riguarda il corpo sia per quanto riguarda la sua meccanica. Sistema che poi è stato applicato a tutti gli strumenti a fiato con impellatura. Quindi da questo momento in poi è stata una continua ricerca: di nuove soluzioni meccaniche, di nuove leghe metalliche, nuovi materiali sintetici e non, usati per le costruzioni dei cuscinetti, in modo da renderli più perfetti ed affidabili.

Parliamo delle sue testate: da quanto tempo ci si dedica?
Da circa otto anni ho iniziato a costruire delle boccole di legno da applicare, su tubi in argento. Riuscendo a costruirmi un alesatore per dare la parabola all’intemo di un tubo di legno, sono riuscito a costruire l’intera testata in ebano. Successivamente sono passato a costruire testate in argento partendo da una lamina, arrotolandola e saldandola per tutta la sua lunghezza; la boccola viene fatta forgiandola, il pozzetto e fatto a micro­fusione, però la lavorazione interna, gli angoli, la forma e le svasature vengono date a mano. Quindi costruisco delle testate completamente artigianali.
È un lavoro lungo, che ha bisogno di tanti anni prima di prendere piede.
Per me è difficile anche trovare l’attrezzatura; da questo punto di vista vivere qui mi penalizza molto. Non sono cose che si trovano in un negozio di ferramenta, seppure fornito. Così sono costretto a costruire io stesso gli attrezzi. Ne sto vendendo anche negli Stati Uniti a Roberto Romeo, che ha due grandi negozi a New York.

Cosa c’e nel suo laboratorio?
Credo niente di speciale, un tornio, un pantografo meccanico per realizzare i fori d’insufflazione per le boccole delle testate e qualche cacciavite...

Ha qualche modello particolare nella costruzione delle sue testate?
Ho misurato tutte le testate che mi sono passate per le mani. Ogni costruttore ha le sue misure e quindi anche io ho le mie. Mi mantengo sulle misure di oggi: 11.80 per 10.30 massimo come larghezza del caminetto; queste sono le medie. Poi cerco il suono che piace a me.
Nella lavorazione delle testate sento particolarmente utile il fatto di essere flauti­sta, perchè mentre lavoro le testate le provo continuamente, per capire quale e il suono che voglio...

Un suono più chiaro o più scuro, per esempio?
Quello dipende dalla forma della boccola, quindi viene stabilito prima. Si può ritoccare qualcosa ma non molto.

Cosa modifica allora durante la costruzione della testata?
A me piacciono molto i suoni gravi e corposi. Parto già quindi con un’altezza del pozzetto leggermente superiore rispetto alla media. Questo fa si che i suoni gravi siano più corposi.
Lavoro molto sul lato anteriore soffiante, e cerco di modificare questo, alla ricerca di un suono pronto, in particolare per lo staccato; lavoro quindi nella parte anteriore della boccola, nei due lati anteriori; lavorando in quel determinato punto basta anche una leggera pressione per modificare il suono. Molti flautisti infatti rovinano le testate proprio perché mettono le mani sugli strumenti, spesso in modo irreparabile.

Le capita anche di modificare testate di altri costruttori?
Quando i flautisti mi portano testate da modificare sono io il primo a non voler intervenire, perché non si può pretendere di fare il lavoro meglio del costruttore.

Molti musicisti intervengono sui loro stru­menti, alla ricerca dello strumento impossibi­le.
Smontare o modificare lo strumento richiede una grande precisione; chi non fa questo lavoro non può capire; e impossibile raggiungere una buona manualità senza lavorarci quotidianamente. Alcune operazioni di manutenzione, per esempio, si possono fare da soli, ma registrare uno strumento è difficile; fare un’impellatura è un lavoro lungo e di grande precisione.
Riparo anche clarinetti e sassofoni, ma preferisco sempre i flauti, forse perché è un lavoro meticoloso e di grande precisione. Con i flauti gli spessori sono infinitesimali, soprattutto nei flauti artigianali.

Le capitano lavori difficili, non so, ragazzi che si siedono sui flauti?
Ogni tanto mi capita qualcuno che si è seduto sul flauto; è una vera e propria sfida riuscire a riportare come nuovo uno strumento completamente piegato; si arriva a un novanta per cento, ma il lavoro è tanto.
È una sfida divertente, ma solo ogni tanto!

I tipi di lavori che la appassionano di più?
Ovviamente i lavori sugli strumenti pro­fessionali.

E quando poi entra in contatto con il musicista che riprende lo strumento cosa succede?
Per me è importantissimo. Io regolo lo strumento come piace a me ma dopo ho bisogno del parere e del confronto con il musicista per ulteriori regolazioni. Chiedo e cerco conferma sempre che il mio lavoro sia fatto bene; penso che si debba create una vera e propria collaborazione con il flautista, soprattutto nei mesi successivi al mio intervento, per ulteriori registrazioni. Lavoro su parti non stabili che si assestano nel tempo, anche per questo ho bisogno di tempi lunghi per gli strumenti professionali.

Cosa pensa dei giovani flautisti?
Mi sembra che il livello dei flautisti sia molto alto; ma forse può dipendere anche dal fatto che sono cresciuto io, nel frattempo, come riparatore e sono in contatto con un numero maggiore di strumentisti.

E delle nuove riforme nei conservatori?
Sulle novità delle riforme non mi pronuncio; vedo molta confusione che spero porterà a una definitiva sistemazione del piano di studi. II futuro del musicista e difficile.

Sarebbe bello poter imparare in conservato­rio il suo lavoro...
Me ne ha parlato il maestro Giordano insegnante del Conservatorio di Salerno; una volta che i conservatori diventeranno veramente università si potrà pensare anche a un laboratorio all’interno dei conservatori.

Lei pensa di tramandare a qualcuno il suo mestiere?
Non vorrei sembrare un falso modesto, ma non credo di sapere chissà cosa. Per me rimane una grande passione ed è una fortuna che sia cosi. Per certi versi, poi, ne sono un po’ geloso, devo riconoscerlo! Mi piacerebbe moltissimo se imparasse mio figlio, che però adesso ha cinque anni. Si diverte a vedere il mio lavoro e a giocare con gli attrezzi! Mi chiede di lavorare con me! Se a lui piacesse questo lavoro io ne sarei felicissimo. Adesso suona un po’ il pianoforte con mia moglie che è pianista. II mio è un mestiere un po’ sacrificato, perché si sta sempre chiusi in laboratorio. Io sono spinto sempre dalla passione e credo che anche per lui, se mai sarà, dovrà essere cosi, almeno all’inizio.

Allora aspettiamo il figliolo!
Basta con i figlioli, ne ho già due!

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ing.ir Felice Pescatore
Riparatore autorizzato Sankyo e Pearl
Costruzione testate in ebano e argento
2007 © Copyright Luigi Schiavone